giovedì, marzo 11, 2010

Se a Cuba si muore protestando - di Maurizio Stefanini, Il FOGLIO


Se a Cuba si muore protestando

Perché il sacrificio di Zapata Tamayo è diverso da quello di tanti altri dissidenti cubani

“Alla cortese attenzione degli Eccellentissimi:Parlamentari dell’Unione Europea. Presidenti degli Stati membri dell’Unione Europea. Ambasciatori europei a Cuba. I recenti avvenimenti che si sono verificati a Cuba non lasciano alcun dubbio circa l’intolleranza feroce del regime dei fratelli Castro, e sono il risultato della politica di isolamento e immobilità, intrinseci al sistema arcaico con il quale cercano ancora di governare l’isola”. Questo appello, redatto nelle varie lingue dell’Ue, non è stato fatto ora, dopo la drammatica morte di Orlando Zapata Tamayo in seguito a 83 giorni di sciopero della fame e, ancor di più, ai 18 giorni di privazione dell’acqua con cui le autorità carcerarie avevano tentato di piegarlo. La data apposta è infatti “Milano, 17 dicembre del 2009”. È un “Reclamo all’Unione Europea” in forma di petizione, cui si può apporre firma on line, redatto dall’Unione per le Libertà a Cuba: “Un gruppo di cubani rifugiati politici in Italia che da anni si battono per la libertà del popolo cubano. In ricordo di Laura Gonzalez e Valerio Riva, due grandi italiani che dal lontano 1964 si sono battuti per la libertà di nostro popolo” (il blogil gruppo su facebook). 
Il documento, a parte le tremende condizioni economiche e sociali dell’isola, ricorda però vari altri casi di vessazioni di dissidenti. Il pestaggio della famosa Yoani Sánchez, del marito e di altri due blogger. La condanna del disoccupato e alcolista Juan Carlos González Marcos “Pánfilo” per aver denunciato in modo estremo la fame dei cubani: poi liberato grazie alla protesta internazionale, ma tuttora sottoposto a pressioni e vigilanza. I 25 anni che il medico anti-abortista Óscar Elías Biscet sta scontando perennemente in cella di punizione. L’arresto di Darsy Ferrer per “acquisto illegale di cemento al mercato nero”. Jorge Luis Pérez “Antúnez”, che dopo 17 anni di carcere vive tuttora assediato dalla polizia politica. Le aggressioni ai 10 dissidenti che a ottobre hanno fatto uno sciopero della fame di protesta di 40 giorni. Le altre aggressioni alle Damas de Blanco: le madri e parenti dei prigionieri politici insignite del Premio Sakharov dell’Unione Europea, che tutte le domeniche marciano per le strade dell’Avana a chiedere libertà per i loro familiari.
Anche Orlanda Zapata Tamayo, 42 anni, muratore e idraulico, nero come Biscet, Ferrer e Antúnez, aveva già iniziato il suo sciopero della fame, quando la petizione è stata inoltrata. Condannato a 3 anni di carcere dopo essere arrestato nel 2003 nella famosa retata dei 75, per ribellarsi alle vessazioni delle guardie carcerarie aveva comulato nuove condanne a catena, fino ad arrivare a 36 anni. Dopo gli ultimi tre pestaggi ricevuti, il 3 dicembre ha smesso di ingerire alimenti solidi e, subito, gli hanno allora negato anche i liquidi. La testimonianza della madre lo ha descritto in ospedale “pelle e ossa, lo stomaco ridotto a un buco, il peso così ridotto che hanno dovuto mettergli le flebo sul collo, e la schiena piagata per le botte”.  
Quando ormai Zapata Tamayo era alla fine, quelli dell’Unione per le Libertà a Cuba si sono dati da fare affannosamente per far passare qualcosa sulla stampa. Purtoppo, il loro argomento risolutivo è stata infine la morte del prigioniero. Nel momento in cui la petizione è stata inviata, però, c’era nell’Unione Europea maretta, a proposito dell’arrivo a una presidenza di turno spagnola che per esplicita intenzione del premier Zapatero avrebbe cercato di mitigare o addirittura far togliere del tutto le sanzioni che la stessa Unione Europea aveva imposto al regime castrista dopo la repressione del 2003. Effetto della morte di Zapata Tamayo, adesso non solo Lula in visita a Cuba e perfino Raúl Castro si dicono “dispiaciuti”. Lo stesso Zapatero dice che bisogna “liberare tutti i detenuti politici cubani”.

Omerta' e collaborazionismo internazionale con il castrismo per la morte del dissidente Tamayo

Omerta' e collaborazionismo internazionale con il castrismo per la morte del dissidente Tamayo
di Asha Nair, in castrianism.blogspot.com


Se c'e un denominatore comune nei fatti qui di seguito documentati, e' che nel mondo esiste una banda di vigliacchi che nonostante la palese BESTIALITA' dei fratelli castro nei confronti del propri sudditi, continua a tenergli banco SOPRATTUTTO TACENDO quando non addirittura avallando la prassi di CRIMINALIZZARE i dissidenti, fabbricando prove della loro delinquenza.


Ma il gioco sale arduo quando si parla dei dissiddenti cubani, assolutamente e completamente PACIFICI, e cosi' sorvegliati e repressi da poter a stento sopravvivere indenni agli ATTI DI RIPUDIO e alle SQUADRE DI RISPOSTA RAPIDA che il regime MAN/TIENE continuamente alle costole dei dissidenti.


La contromisura MEDIATICA dei castro per parare una malefatta cosi' CEAUSECHIANA come far morire un dissidente in carcere PER SCIOPERO DELLA FAME (da quanto non si sentiva una tale brutalita' nel mondo?), e' arrivata una settimana dopo, il tempo di fabbricare una documentario-inchiesta nel quale venivano intervistati i vari corresponsabili SANITARI che affermavano la intrattabilita' del soggetto, e la sua ferma decisione a morire.


Lo stesso raul castro per la prima volta affrontava in televisione l'argomento, documentando socialistamente l'appartenenza del detenuto alla criminalita' comune.
Anche la televisione si è mossa nel tentativo di respingere le critiche al regime per la morte dell’oppositore, che ha definito una «campagna di diffamazione», e ha mandato in onda un filmato ripreso all’insaputa della madre del dissidente nel quale si vede la donna che ringrazia i dottori che si sono occupati del figlio. «Grazie. Noi siamo fiduciosi di tutto ciò che state cercando di fare per salvarlo», dice Reina Luisa Tamayo, 60 anni, a dei dottori alla fine di una visita filmata di nascosto. Secondo il servizio, che cerca di dimostrare attraverso interviste ai sanitari che è stato fatto di tutto per salvare il dissidente, tra i medici e la famiglia di Zapata c’è stata cooperazione. Elizardo Sanchez, portavoce della Commissione cubana di diritti umani e riconciliazione nazionale (Ccdhrn, illegale ma tollerata dal regime) ha criticato l’uso delle riprese nascoste per screditare il dissenso. Il servizio mostrato alla televisione «mostra i sentimenti di colpa del governo. Il regime non ha scrupoli», ha detto. Orlando Zapata Tamayo era un operaio di 42 anni, da sette anni era in carcere ed è morto il 23 febbraio. Le autorità cubane lo considerano un prigioniero comune e hanno affermato che aveva cominciato lo sciopero della fame perché voleva il telefono e la cucina in cella. Secondo la famiglia di Zapata il digiuno portato alle estreme conseguenze è stata una protesta contro gli abusi e le violenze subite in carcere. Il presidente Raul Castro si è detto dispiaciuto della morte di Zapata. La madre del dissidente ha risposto che non accettava la solidarietà perché, ha affermato, «loro hanno assassinato in maniera premeditata Orlando Zapata. Mio figlio porta nel corpo i colpi e le torture».
Dissidente morto, Fidel risponde alle accuse, corriere.com


Il denominatore comune del SILENZIO COMPLICE e' scattato nelle REAZIONI dei vari governi a queste dichiarazioni UFFICIALI, in testa l'unione europea, che proprio a giorni DOVREBBE ratificare un ammorbidimento della POSIZIONE COMUNE verso Cuba, grazie al collaborazionismo di Moratinos, Ministro degli Esteri Spagnolo che si e' dato molto da fare per raggiungere questo cambiamento di atteggiamento.
"Frente al vergonzoso silencio de las izquierdas latinoamericanas, incluidas las llamadas neo izquierdas o, bajo un insólito eufemismo, las fuerzas del “progresismo” que encuentran su más cabal expresión en el Sr. Lula Da Silva y su candidata, la ex terrorista y secuestradora brasileña Dilma Roussef, cabe preguntarse si las torturas y los asesinatos provocados por los torturadores de izquierda son menos violatorios de los derechos humanos que los causados por la derecha. Que guarda silencio seguramente porque siente el peso de su rabo de paja. Aunque un muerto de Castro vale, al parecer, la milésima parte de un muerto de Videla. Porque de lo contrario, ¿a qué se debe este ensordecer silencio de las mismas cancillerías latinoamericanas que hace unas horas festejaban con el asesino de Orlando Zapata un florido encuentro en las costas mejicanas? Por cierto: un ominoso silencio de izquierdas, centros y derechas de un continente paralizado por la complicidad y la inmoralidad."
Antonio Sanchez Garcia, "Lula da silva y america latina: la gran alcahueta"


Un intervento veramente vergognoso, quello a cui fa riferimento Garcia, nel quale Lula, chiamato in causa da fidel castro a testimoniare che in Cuba non si' e' mai ucciso e torturato, non si' e peritato di tirare fuori una vera faccia da c..o e ha avallato tutta la faccenda, dando ragione al castrismo..
Reagisce un blogger ecuadoriano alla ipocrisia di lula:,
Hienas barbadas en el Caribe...

Particularmente, muy en especial, me produce una 
insoportable repugnancia la hipocresía atroz de Luiz Ignacio Da Silva, “Lula”, porque a él, explícitamente, los familiares de Orlando, junto con 42 disidentes, se habían dirigido para que, sabedores del supuesto“cariño” que Fidel tiene por el braisleiro, éste intercediera ante el tirano a favor del Preso de Conciencia.

De visita con el opresor, 
sonriente y zalamero mostrando el amarillo mostaza y ese desagradable hedor que desprende la grima de sus respectivas halitosis, Da Silva se hace el desentendido alegando desconocer el pedido público que los presos le habían hecho.
“si trataran de entrar en contacto conmigo, yo jamás dejaría de atenderlos, lo que no puedo es llegar a un país y reunirme con un grupo de personas que dijeron que hablaron conmigo, cuando no hablaron. […] La solidaridad forma parte de mi vida y nunca dejo de tratar esos asuntos”

¿Qué no había recibido la misiva que medio mundo conocía? ¿Qué esperaba: un envío por Fedex desde la prisión de Camagüey? Qué vergüenza, cuanto descaro. 
Ahora ya conoce de la carta: ¿dónde está la "solidaridad que forma parte de su vida", Sr. Da Silva?


Proprio contro questa complicita' una gruppo di coraggiosi cubani esiliati in USA ha tenuto un SIT-IN nei locali della ambasciata brasiliana di Miami:



Indirizzata invece alla complicita' di Zapatero con il dittatore cubano, la manifestazione degli esiliati cubani in Slpagna.


Cubani protestando en Madrid
pubblicato da fanfatal.blogsome.com





Conclusioni?
A bizzeffe.
Ma le traggono soloi nemici di castro, gli amici, continuano col SILENZIO OMERTOSO